Paolo Orlando
L'Archeologia e l'Ingegneria moderna per il Porto di Ostia


Pagina 6 di 18       

%


     Volle fatalità che mentre l'Italia rioccupava le Provincie Libiche, contemporaneamente ad Ostia ritornassero alla luce le Sedi delle Associazioni dei loro commercianti e degli armatori. Prova per gli stranieri che l'Italia riprendeva ciò che fu suo; insegnamento agli italiani che dopo le Provincie Libiche dovevano riconquistarne la base marittima della Metropoli.

* * *

     Compiuti rapidamente gli studii tecnici necessarii, rapidamente conchiusa la interminabile istruttoria amministrativa e supplito alla mancanza della mano d'opera libera con 4.000 prigionieri di guerra, tra gli anni 1914 e 1923 avevo potuto, come Assessore pel Comune e poi come Presidente dell'Ente Autonomo per lo Sviluppo Marittimo e Industriale di Roma, incominciare ed alacremente proseguire la costruzione di Ostia Nuova sul mare, ottenendo dal Ministero della P.I. di impiegare i materiali di risulta degli scavi della morta Ostia per la formazione delle massicciate stradali e per le murature dei primi edifici. Senza quei materiali non avrei potuto fondare Ostia Nuova per l'altissimo costo della pietra da ricavarsi da grandi distanze e per l'assoluta mancanza di mezzi di trasporto, requisiti allora per la guerra. Né avrei potuto costruire l'Ospizio Marino costituente, assieme al Tempio della Regina Pacis, lo spirito di umanità e di fede che dovevasi inculcare alla futura popolazione.
     Con ciò l'archeologia conchiudeva utilmente il proprio ciclo con una attività certo nuova per lei; col fare, cioè, rivivere nella nuova Ostia i morti materiali dell'antica, i quali mandava prima ai rifiuti.