Carlo Piola Caselli
La corazzata Avérof varata a Livorno


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     Torniamo con la memoria e con la fantasia al cantiere: “L'alto silenzio è rotto a tratti da voci di comando e dai suoni netti delle maestranze che lavorano intorno ai fianchi ferrigni della corazzata ellenica”.
     Nel frattempo le tribune, ornate con gusto dal fiorista Paoletti, si vanno affollando: in faccia alla Palazzina Orlando sorge quella centrale per le autorità, a sinistra della quale quella per la stampa ed a destra quelle B e C per gli invitati, via via rallegrate dalle elegantissime toilettes delle signore che vi accedono: per farcene un’idea, basti pensare alle tele di Boldini e di De Nittis. Dall'altro lato della nave sorgono quattro tribune, per le famiglie degli operai, per il battaglione studentesco livornese, per gli allievi dell'Accademia, per alcuni collegi della città. Dietro alla prora, un bel palco, riservato all'Ambasciatore greco, il quale deve essere lì pronto a battezzare la corazzata. Gli sguardi fissi non sono solo dentro, ma anche fuori come c'è scritto nell'Apocalisse. Infatti anche intorno al cantiere la folla si assiepa numerosissima: a Porta Murata, alle spallette, alle finestre, quante teste protese, attente, in ansiosa attesa del momento fatale: come andrà questo varo così temerario? Le operazioni, ovviamente, procedono alacremente. (50)
     Son coinvolti quasi tutti i sensi degli spettatori: la vista; l'udito, come abbiamo già accennato; l'olfatto: per chi è meno abituato, per chi viene da fuori, vi è nell'aria un odore di mare, misto a odor di fucina; la pioggia che si alterna col sole coinvolge anche il senso del tatto dei presenti.

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(50) Ibid.,paragrafo Nel cantiere Orlando.