Carlo Piola Caselli
La corazzata Avérof varata a Livorno


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     Il maggior scoglio da affrontare, era quello di ripristinare l'antichissimo stadio Panatenaico (ora detto stadio “Kallimarmaro”, ossia dal bel marmo, per distinguerlo dagli altri), riarchitettato nel 1870 dai cugini Zappas, dono in particolare di Evanghelio Zappas, ma non aveva i presupposti per queste altre competizioni olimpioniche, per cui occorreva trovare i denari per i lavori.
     Questo stadio venne eretto da Licurgo nel 330-329 a.C. , ricostruito per le gare dei gladiatori sotto Adriano (117-138 d.C.), riedificato in marmo bianco da Erode Attico per i giochi Panatenaici del 144 d.C., abbandonato per vari anni, i suoi marmi depredati, finalmente nel 1895 Giorgio Avérof aveva donato quattro milioni di dracme-oro per affrontare il cospicuo restauro, il cui progetto è dovuto ad Anastasio Metaxàs e questo attuale risulta una vera e propria clonazione di quello di Erode Attico, secondo quanto troviamo descritto nella “Guida della Grecia” di Pausania: è infatti in marmo pentelico bianco, misura 204 metri ed è largo 83 m., può ospitare fino a sessantamila spettatori. L'architetto Metaxàs si è consultato anche con Ernst Ziller, che aveva fatto ripetuti scavi in loco tra il 1869 ed il 1879, rinvenendo, tra l'altro, una statua a due teste, di Apollo e di Dioniso, di quelle usate per la spina, conservata al Museo Archeologico di Atene.
     Agli inizi dell'aprile 1895 il segretario del Comitato dei Giochi Olimpici, Timoleo Filìmon, era partito per Alessandria d'Egitto, recando lettere di re Costantino per dei ricchi mercanti connazionali: ne aveva una anche per il presidente della Comunità Ellenica Giorgio Avérof, che era già intervenuto in Grecia in molte importanti iniziative.