Carlo Piola Caselli
Il card. Carlo Francesco Caselli (parte seconda)


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     Nubi minacciose si stanno addensando sulla tiara papale. Il 6, nella solennità dell’Epifania, la solita corte è raccolta nella cappella sistina, ma sicuramente l’animo del pontefice è scosso nel rimuginare la tracotanza di quei repubblicani. La solita orazione latina vien pronunciata dal nuovo procuratore generale, P. Andrea Prosperi, generalmente applaudita.

     Appena quattro giorni dopo la risposta fatta dare dal Papa, il card. de Zelada riceve dal Makau, da Napoli, latori La Flotte e Basseville, un ultimatum più che una lettera, che inizia cosi: “Io aveva data a V.E. delle prove de’ miei sentimenti. Mi rincresce ch’Ella si sforzi a dare ai medesimi un altro carattere. In nome della Repubblica, e rendendomene io responsabile, ordino al Consolo di Francia d’alzare nello spazio di 24 ore lo stemma della libertà”. Aggiunge delle minacce, ossia che se un francese venisse oltraggiato, promette vendetta. Precisa non si tratti di missione politica poiché secondo lui, dopo il rifiuto “ben poco riflettuto” del cittadino Segur, la repubblica non fa proposizioni, “non domandiamo ad un sovrano di riconoscere il nostro nuovo governo”, “Noi esistiamo per la nostra sola volontà, la giustizia sola ci fa legge”. Insomma, declama, ma dalla corte romana non gli viene l’agognato applauso, anche se promette che quando V.E. sarà per noi ciò che deve essere, noi sapremo riparare tutto ciò che alcuni movimenti popolari potessero avere di disgustoso pel sovrano di Roma. L’articolo dello spirituale che noi rispettiamo, non ostante ciò che ne dice la malevolenza, non ha alcun rapporto alla necessità in cui è ogni consolo di Francia d’innalzare lo stemma che il suo governo ha giudicato a proposito di adottare”.