Carlo Piola Caselli
Il card. Carlo Francesco Caselli (parte seconda)


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     Malgrado queste manovre sotto traccia, si tende ad accrescere intanto le deboli forze dello stato pontificio, di poco, avendo assai deboli muscoli da mostrare.

     Intanto a Roma il 2 gennaio i francesi levano le ‘armi’ tradizionali dalle porte del direttore di quel loro ufficio postale, dalla casa del console, dal palazzo dell’accademia, lasciando solo quelle sul palazzo del card. de Bernis (di fronte a S. Marcello). Il 3 pomeriggio tolgono anche la statua di Luigi XIV dal cortile dell’accademia, rinserrandola in cantina, quasi a voler imprigionarlo in effige. Due giorni dopo giunge in città il maggiore La Flotte (inviatovi dal sig. Makau) che, con il console Basseville, si presentano al card. de Zelada, segretario di stato, per consegnargli la memoria con cui si esige d’innalzare le insegne della nuova repubblica sulle case di Francia.

     Il problema che si pone la corte pontificia non è nel mero atto di surrogare uno stemma, se non implicasse un incondizionato implicito riconoscimento della Francia rivoluzionaria, senza alcuna minima trattativa diplomatica. Il Papa ha le mani legate, avendo la Francia ignorato completamente i suoi brevi, comprovanti i torti fatti alla religione e se egli lasciasse innalzare le armi della repubblica, sarebbe come se egli avesse receduto dai propri sentimenti, solennemente espressi. Questo come pontefice. Come sovrano temporale, deve ricordare l’ignominia della sua effige bruciata a Parigi, lo stemma pontificio levato a Marsiglia dalla casa del console ed appeso con una corda ad una lanterna a trastullo della plebaglia, l’usurpazione di Avignone e del contado Venassino. Fa quindi rispondere in questi termini a Basseville. (60)

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(60) Curia Vescovile di Parma, Miscellanea Storica, cassetta 4, Pro=memoria per Il Console di Francia in Roma, , ff. 1-3. Fonte principale di questo capitolo: O.S.M., Epistulae Priorum Generalium, s. I, v. 43 (1793), ff. 118-218.