Carlo Piola Caselli
Il card. Carlo Francesco Caselli (parte seconda)


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     Nella lunga lettera al P. Carlo Traversari a Guastalla, è il teologo e canonista che parla al teologo, ammirando lo zelo per l’argomento delle lezioni morali nel prossimo Avvento “se nell’Ordine nostro esista alcuna riserva dei casi fuori dai Papali”, ricordandogli che, secondo il capo V delle Costituzioni ai generali spettano i crimens ed ai provinciali le blasphemiae: Urbano VIII non confermò la riserva, ma esaminando il Decreto di Clemente VIII del 1593 e la riserva del P. gen. Montorsi del 1599, il decreto del capitolo generale del 1646 n. 8, disquisisce ampiamente sul decreto clementino, passa alle Costituzioni dell’Ordine approvate da Gregorio XIII nel 1599, “Summo Pontifice annuente”, ristampa di esse a Bologna, o Venezia, nel 1615, riserva del P. Montorsi che comprendeva anche ‘peccata luxuriae’ al n. 7, due bolle di Urbano VIII (23 febbraio 1639 e 16 ottobre 1643), concludendo questa dottissima dissertazione “Se queste Nre riflessioni o ragioni, le quali peraltro sono per Noi chiarissime e pienamente concludenti, saranno ugualmente a persuaderlo, non lo sappiamo. Unicamente gli diremo che se non lo persuadono, abbia egli la sofferenza di attendere un’occasione, in cui ci venga di abboccarsi insieme, che allora discorreremo; ma intanto però abbia la bontà d’astenersi dal proporre questa Dottrina, che nel Nostro ordine non vi siano casi riservati fuori dai Papali”.

     Anche a frà Giuseppe M. Tommasini a Siena, con lettera del 26, nega drasticamente la licenza di venire nell’Urbe, non essendosi inteso col suo provinciale, anzi ne avverte anche P. Vivarelli a Firenze: “Rispondiamo con questo corso di Posta all’Oblato Tommasini per le rime negandogli la chiesta licenza di venire a Roma, e facendogli sentire nell’av(v)anzata richiesta la sua insolenza”. Lo incarica di porgere ossequi all’emo Corsini ed a mons. nunzio Ruffo, “raccomandando loro il Nro affare, quale preghiamo il Signore perché a sua gloria riesca ad esito felice”.