Carlo Piola Caselli
Il card. Carlo Francesco Caselli (parte prima)


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     La disputa teologica di quest’epoca storica è stata tra le due concezioni diverse della grazia, ossia tra la libera scelta salvifica di Dio, sfociante nella predestinazione alla salvezza, ed il libero arbitrio umano correlato all’etica individuale, che fa tesoro della luce divina, una specie di libera accettazione in toto di una ‘terapia’ per la propria anima che, immergendosi nella luce divina, fuga tutte le ombre. Il concilio di Trento aveva contemplato due momenti, il primo dei quali ha connessione tra la grazia divina che si limita a conferire all’uomo la capacità di accoglierla. Infatti, anche la sapiente ‘creazione dell’uomo’ di Michelangelo, capolavoro in questa cappella pontificia, in questa chiave di lettura, andrebbe ben oltre alla creazione di un corpo, la mano di Dio infatti non lo sta plasmando, gli comunica piuttosto la ‘scintilla’, infondendo lo spirito divino al corpo ma, Adamo, protendendo il braccio, accetta questa ‘trasfusione spirituale’.
     La disputa teologica è ed è stata tra volontà divina e concorso umano: il gesuita Molina ed i ‘molinisti’ hanno accentrato il problema tra grazia e libero arbitrio, mentre i domenicani hanno distinto, secondo S. Tommaso, tra grazia sufficiente e grazia efficace, ma nella disputa tra molinisti e tomisti (84) si eran inseriti i giansenisti, che accarezzavano le visuali del protestantesimo, il ‘favor Dei’ con l’intenzionalità salvifica e la posizione calvinista, con l’azione interiore dello Spirito Santo e quella morale attraverso i sacramenti.

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(84) Nel 1607 Paolo V aveva sciolto la congregazione ‘de Auxiliis’ istituita da Clemente VIII per dirimere le controversie. Nel 1680 era uscito, ad Amsterdam, il Traité de la nature et de la grâce di Malebranche, opera criticata da Arnaud e confutata da Fénelon.