Carlo Piola Caselli
Il card. Carlo Francesco Caselli (parte prima)


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     Arnauld, riparato in Fiandra, era stato raggiunto da Quesnel, sostenitore del filone ‘richerista’ (da Edmond Richer), secondo cui la chiesa dovesse esser governata da consigli, anziché da individui. La bolla Unigenitus (1713) aveva condannato le 101 proposizioni di Quesnel, benché Noailles, arciv. di Parigi, avesse appoggiato le sue Riflessioni morali. Nel sequestro delle carte di Quesnel si era trovata corrispondenza con simpatizzanti di tutta Europa: per stroncare il pericolo di una congiura continentale lo stesso Luigi XIV aveva sollecitato la mossa del papa, che però, ineluttabilmente, invece di spegnere era stata destinata (o predestinata!) ad accendere le dispute sulla giurisdizione del papa in Francia. Così, mentre vescovi e preti cortigiani avevano parteggiato per i gesuiti, quasi tutta Parigi era diventata giansenista, sfociante nelle congreghe al cimitero di Saint-Médard, finché il ‘Parlement’ lanciò una massiccia campagna contro il potere clericale nello stato, venendo sospeso per 16 mesi.
     Nel 1760 il giansenismo aveva assunto una variegata gamma di significati, ma il comun denominatore era di condanna morale verso chi era al potere, e di opposizione alle pretese papali. Qualche anglicano aveva persino tramato affinché le chiese anglicana e gallicana si unissero in un’unione episcopalista senza il papa.
     In Olanda il giansenismo aveva mantenuto la sua purezza originaria, tanto che la cattolica chiesa di Utrech, in un paese ufficialmente protestante, non avendo accettato la condanna espressa dall’ Unigenitus era stata dal papa dichiarata scismatica. Ma anche la repubblica di Venezia ed il regno di Sardegna avevano rifiutato di accettarla, nei Paesi Bassi austriaci era stata necessaria l’espugnazione delle facoltà teologica di Lovanio e l’esilio del canonista erastiano Van Espen. In Spagna la situazione era sommessa, ma quando i gesuiti hanno voluto mettere all’indice opere pretese giansenistiche, era sorto il giansenismo spagnolo, incoraggiato dall’avvento di Carlo III (1759). In Francia la nuova veste aveva assunto il nome di febronianesimo, da Febronio, allievo di Van Espen. Febronio, con Lo stato presente della chiesa e il potere legittimo del pontefice romano (1763) era stato messo all’indice, percui era stato costretto a ritrattare, ma ciò non aveva intanto impedito che i concetti dilagassero e l’opera venisse tradotta in tante lingue anche dell’Europa cattolica. Intanto, l’avvento di Giuseppe II era stato salutato con giubilo.