Carlo Piola Caselli
Il card. Carlo Francesco Caselli (parte prima)


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     I Caselli (Casella, (5) Casello, Casellum, de Caselli) con varie varianti nella desinenza, come succedeva spesso nella traduzione degli atti di battesimo dal latino, ma sicuramente anche per distinguere i vari rami, all’epoca spesso frondosi, della stessa famiglia, provenivano dall’area tra il Canton Ticino e la valle italiana del Lago d’Orta.
     Un Damiano, da cui Antonio (oppure Francesco Antonio) Casello, abitante a Castellazzo, che aveva sposato Margarita Scaramuzzale, si era stabilito nell’alessandrino nel ‘600, attratto non solo dalle possibilità di lavoro in opere architettoniche, ma anche per usufruire delle cave dei dintorni, che i Caselli erano abili a condurre, data la loro spiccata vena imprenditoriale. Da quest’ultimo derivano due ceppi: oltre ad un Francesco Maria di cui si conosce, per ora, solo il nome, vi sono un Damiano, che ha fatto lavori a Montecastello, Pavone, Valenza Po, comprato terre e cave, ed un Cristoffaro (o Cristoforo), (6) nato a Castellazzo e residente ad Alessandria (sposato con Atonia Ceriana, di prestigiosa famiglia piemontese), di quella schiera di piccapietre, (7) capomastri, imprenditori, architetti “in pectore”, poi divenuti i “potenti vincitori degli appalti delle macellerie alessandrine”, da cui un unico figlio, Vittorio. Cristoforo è stato tumulato, per le sue benemerenze, nella chiesa dei Molto Reverendi Padri di San Bernardino ad Alessandria. (8)

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(5) I Casella luganesi, tra i tanti (non sappiamo in quale grado di parentela) hanno operato in Piemonte: Giovanni Andrea, a Torino, affreschi e stucchi, ch. S. Francesco d’A., cappella di S. Anna; fregio e affreschi, Pal. di Città, sala d. congregaz.; stucchi e affr., cattedr., capp. SS. Cosma e Damiano, miracoli e martirio, 1660; apparato a stucco, Mad. d. Pilone, verso Superga; Incredulità di S. Tommaso, tela, S. Maria d. Scala, Chieri; Pentecoste, ch. Spirito S., Orbassano, 1647. Con Giacomo: Pitt. al Pal. Vecchio, Venarìa R.; alcune allegorie delle virtù, Pal. R.; S. Carlo in adoraz. d. Sindone, ch. S. Carlo, 1655; S. Cecilia, sacrestia cattedr.; Alessandro, da Carona, notizie 1636-48, doppio fregio ad affr., incorn. da stucchi, stanza delle magnif., Cast. d. Valentino; scult. Antonio e Secondo, Crocifisso inquadrato, Ch. Misericordia; scult. Bernardino e figli, altare, dono di M. Cristina di Francia, Ch. S. M. d. Angeli, prog. di Amedeo di Castellamonte; Giovanni Battista, Ch. S. Carlo, sec. capp. d., per i PP. Agostiniani, con Carlo Busso, prog. di A. di Castellamonte; Ch. Corpus Domini, altare magg., prog di F. Lanfranchi, sculture. Della voce Casella, di L. Tamburini e L. Gigli, Diz. Biogr. d. Ital., artisti C. originari di Carona, ci limitiamo allo scult. Antonio (Giovanni Antonio), a Pal. R. e giard. del bastione verde, 1661-64, pitt. con lo zio Giov. Andrea, 1658, G. BIANCHI, Artisti ticinesi, Lugano, 1900; Antonio, piccapietre, con il padre Secondo, scult. a. 1705, 1717 (con il padre), 1722, 1726, 1731, 1740 (altare con urne, capp. SS. Crispino e Crispiniano) e scalpellino; Bernardino, scalpellino e scult. di stemmi, a. 1631, 1634, 1645, e mosaicista; Francesco, scalp. a Pal. R., 1661, G.B., ing., ricev. pagam. per lavori a Vercelli, “in servitio per Sua Altezza”, 1606, scult., pitt,. poeta, statue Pietà e Sapienza, portale Semin. Arciv. di Milano, a Torino concorre per riquadro facciata Corpus Domini, poi definito piccapietre, balaustra in marmo, Pal. R. (1660, per 600 lire), offre marmi neri (carboneri) per la capp. d. Sindone, 1663, sotto la soprint. di A. di Castellamonte. Altri C. in Cenni di st. e vita artistica, Comune di Carona.

(6) Testamento del Notaio Cermelli, 1773, Archivio di Stato di Alessandria.

(7) Con l’appellativo di “piccapietre”, anche secondo L. Tamburini e L. Gigli, Diz. Biogr. degli It., voce Casella, si intendevano scalpellini e cavatori, comprendendo antiche maestranze per costruzioni ed ornamento di costruzioni civili e religiose, sottintendendo un’attività nel suo insieme piuttosto vasta, dai piloni in pietra di un ponte all’esecuzione di facciate di chiese e palazzi, di stucchi e di elementi architettonici, alle sculture vere e proprie, alla realizzazione di balaustre in marmo, di altari o scalinate, a fontane, all’opera di scalpellini, per decorazioni, fregi, stemmi, fino a lavori di mosaico, ossia tutto quanto concernente la pietra, dalla cava al lavoro finito e rifinito, insomma dal lavoro più grezzo a quello più nobile. Ricordiamo che anche il padre di Socrate poteva esser considerato un piccapietre.

(8) Gian Isidoro DE PIAGGIA, Domenico e Giuseppe, architetti Caselli in Alessandria, Rassegna Economica della Prov. di Alessandria, n. 3/1986, pp. 17-30. Nel 1651 a Tortona è stata composta una lite tra i fratelli Pietro e Giuseppe de Caselli, figli ventenni del fu maestro Taddeo e la confraternita per cui avevano lavorato, testimoni Antonio, Francesco ed Antonio Francesco Caselli, parenti dei figli di Taddeo, tutti quanti di ”Canobbio in valle di Lugano”.