Gabriele d'Annunzio e gli Eroi di San Pelagio

(per il 150° anniversario della nascita ed il 75° della morte del Poeta)

di Carlo Piola Caselli

a cura di Federico Adamoli

(Collana Quaderni d'Aeronautica, 2013, stampato in proprio, 201 pagine, ISBN 9788890810527, formato 21 x 30)

Il volume può essere richiesto contattando il curatore all'indirizzo di posta elettronica




Sommario

Indice dei nomi e toponimi






Tratto dal primo capitolo

      Con la disfatta di Caporetto, Vittorio Emanuele III ha avuto il merito di essersi imposto ai suoi generali e di aver deciso di attestarsi al Piave.
      In seguito a questo forzato ripiegamento si son dovuti abbandonare molti campi d'aviazione: gli aerei idonei son stati portati in volo al di qua delle linee, quelli inidonei o qualora mancassero sufficienti piloti sono stati bruciati, affinché non cadessero in mani nemiche. Si sono persi, tra gli altri, i campi gloriosi di Campoformido, di Aviano, della Comina e gli aeroplani si sono venuti addensando, ala contro ala, sulla vecchia piazza d'armi di Brusegana, adattata a campo d' aviazione. Urgendo trovare spazi idonei, si è valorizzato il campo retrostante al castello di San Pelagio, appartenente ai conti Zaborra, due fratelli, uno dei quali ufficiale di cavalleria, che avevano già affittato all'esercito delle parti dell'edificio e delle adiacenze. Costruiti in fretta gli “hangar”, potenziata l'officina già esistente, vi son state subito ricoverate due squadriglie di grossi bombardieri Caproni ed, appena saranno pronti, vi verranno affiancati gli agili S.V.A. dell'Ansaldo.
      Il 1° gennaio Luigi Capparucci è a difesa della città di Padova, fino al 2 febbraio, quando passa alla 78^ Squadriglia.
      Baracca, dal Campo di Mirafiori, dove si trova per dei collaudi, il 5 gennaio scrive a sua madre:1
      “Prevedo di far ritorno a Padova verso il 10”, “Ranza ha abbattuto il suo 12° apparecchio. Padova è stata assai duramente provata dal bombardamento notturno da grossi apparecchi: questo dovrà preoccuparci per l'incolumità delle nostre grandi città”.
      D'Annunzio il 7 gennaio, da Venezia, scrive ad Eleonora Duse,2 a Firenze, accennando all' ideazione dell'“impresa più temeraria” (ossia alla “Beffa di Buccari”), “osando l'inosabile”. Poi, molto malinconicamente, le confida dell'incidente occorso al capitano Maurizo Pagliano ed al ten. Luigi Gori:
     “Ho tanto dolore. Ho perduto i miei due piloti: quelli di Pola, quelli di Cattaro, quelli dei trenta bombardamenti carsici: quelli che, nell'agosto, con me mitragliarono il nemico a meno di cinquanta metri dal suolo. Li ho perduti perché quel giorno non ero con loro.
      Erano due meravigliosi combattenti: belli, risoluti, esperti. Mi amavano tanto che mi guardavano vivere quasi con gli occhi della Ghisola [Eleonora Duse] d'un tempo: con gli occhi dell'amore senza macchia.
      Dedico alla loro memoria la mia prossima azione.
      (Mi hanno portato oggi un vasetto di unguento contro le congelazioni. Apparteneva al capitano Pagliano. Se n'era servito. C'è, nel grasso, l'impronta del suo dito. Me ne servirò, quella notte).
      Ghisola comprende il senso di questi riti dell'amicizia”.


Castello di San Pelagio, sede del Museo dell'Aria e dello Spazio

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